E’ 25 novembre ogni giorno dell’anno

Se domani sono io, mamma, se non torno domani, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.”

Cristina Torre Cáceres

Prima uno schiaffo, poi un pugno, poi uno “Scusa, ero teso per lavoro”, poi ancora un calcio, una spinta e infine un coltello. Questo circolo vizioso rappresenta ciò che migliaia di donne hanno subito e chissà quante ancora subiranno. Altre, invece, ci si trovano dentro senza rendersene conto e cercano di giustificare il loro partner, poiché completamente soggiogate. Così come è accaduto a Delia, protagonista di “C’è ancora domani”, costretta a subire continue violenze, fisiche e psicologiche, da suo marito che ormai la maltratta da anni. A causa dell’ambiente e degli anni in cui vive, le torture che riceve sono considerate normali, per cui non si ribella, ma subisce, fin quando non trova la sua libertà nel voto, proibito alle donne fino al 1946. 
Nonostante il film, girato e interpretato da Paola Cortellesi, avesse come scopo quello di sensibilizzare il pubblico riguardo al tema della violenza di genere, solo due settimane dopo la sua uscita, è stato ritrovato il corpo di una giovane studentessa veneta, Giulia Cecchettin, che, in un audio inviato alle amiche, dichiarava: “Sono stufa dei comportamenti di Filippo, vorrei che sparisse, ma mi sento in colpa perché ho paura possa farsi del male”.

Sebbene ci siano state segnalazioni, le forze dell’ordine non sono intervenute e ciò è stato decisivo per la sorte della ragazza, che è stata trovata morta dissanguata a seguito di gravi ferite inflitte dall’ex fidanzato.
Solo dieci giorni dopo la morte di Giulia, un uomo di settant’anni strangola la moglie sessantaseienne, Rita Talamelli, che diventa, purtroppo, la vittima numero 106 di femminicidio in Italia nel 2023, valore che purtroppo è destinato a crescere, così come sono aumentate le telefonate al numero “1522”, servizio gratuito a sostegno delle donne oggetto di violenza.

Il liceo scientifico “Andrea Genoino” di Cava de’ Tirreni, guidato dal DS prof. Pietro Mandia, si unisce al dolore delle famiglie delle vittime e s’impegna a costruire un futuro migliore, in cui le donne non dovranno più avere paura di svegliarsi la mattina e preoccuparsi di preparare bene il pranzo per non ricevere uno schiaffo, oppure di dover stirare in modo perfetto le camicie per non finire in ospedale. 

Per tale motivo gli studenti della classe III C, in occasione della Giornata internazionale della lotta contro la violenza sulle donne, hanno svolto le lezioni indossando indumenti rossi. Il gesto simbolico, in accordo con la docente di italiano e latino, prof. Erminia d’Auria, è soprattutto una forma di ribellione alla violenza e di vicinanza a tutte le vittime di tale fenomeno. Rosso sangue, infatti, sono anche le 33 paia di scarpe che un’artista messicana, Elina Chauvet, per ricordare le donne vittime di violenza, compresa la sorella assassinata dal marito, nel 2009 posizionò in una piazza della sua città, e da quel momento sono diventate simbolo della violenza di genere.
L’istruzione diviene, dunque, un’arma contro l’indifferenza di coloro che ignorano la crescita di un fenomeno che non deve più essere tale, impedendo ulteriori morti di persone innocenti, il cui diritto di vivere non può essere violato. 

                                          Sabrina De Rosa, Iole Ferrara, Irma Palazzo III C